Cooperativa Passepartout

I LABORATORI

La Cooperativa gestisce i laboratori di due Centri Diurni dell’Asl RM1, La “Voce della Luna” e “Valle Aurelia”, attraverso un finanziamento erogato dall’Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Roma, lavorando essenzialmente con l’arte. I pazienti, che vengono inviati dalle strutture di residenza o direttamente dalle famiglie, sono invitati a lavorare con la “materia artistica”: il teatro, il cinema, la musica e la pittura compongono gli elementi e le forme espressive attraverso le quali si svolge l’attività terapeutico riabilitativa. Si producono, attraverso le attività laboratoriali, spettacoli teatrali e film. In queste attività, i pazienti e i cittadini che vi partecipano (i laboratori sono aperti anche a persone interessate che non afferiscono necessariamente ai Centri Diurni), guidati dai nostri registi e aiutati dal nostro personale altamente qualificato, sono chiamati ad essere protagonisti in prima persona di ciò che si realizza. Non lavoriamo per, lavoriamo con. Nelle opere teatrali e cinematografiche che abbiamo prodotto il nostro gruppo ha recitato, realizzato costumi e scenografie, lavorato alle segreterie, imparato a riprendere con cineprese, si è cimentato al montaggio e alle post-produzioni. Insomma un lavoro di concerto che ha arricchito di esperienze e competenze i nostri pazienti ed ha aiutato queste strutture della ASL RM1 a dimettere molte persone che ora vivono la loro vita autonomamente.

Le attività che precedentemente venivano suddivise in differenti laboratori da quest’anno saranno pensate ed unificate in un unico progetto, pur mantenendo le diverse specificità e forme d’espressione.

 

Per la città, un corpo

 

La città è il mondo nel quale “già sempre ci troviamo”: siamo cioè immersi in quella struttura di relazioni, dispositivi soggettivanti e violenze “a bassa intensità”, forma delle nostre metropoli. Questa forma è ciò che ci troviamo e che ci fa sembrare ineluttabili ed ineludibili i nostri destini. La fissità, l’idea che un’altra vita sia impossibile è la tonalità emotiva che frequentiamo nelle nostre case, passeggiando per la città.

La città è quindi questo sentimento di impossibile poiesis delle nostre vite, di cemento infrangibile che ci rende impermeabili alle relazioni, ad ogni possibile respiro comune. Ad ogni possibile “vento di cambiamento”. Per questo motivo abbiamo deciso di affrontare dalle viscere più profonde questa città che abitiamo e che ci abita. Siamo convinti che sia possibile guardare, frequentare, toccare altrimenti i luoghi e gli ambienti che abitualmente attraversiamo; pensiamo sia necessario capire come i nostri corpi si possano comporre differentemente nella e con questa città.

Il corpo è questa esposizione attraverso la quale tocchiamo e guardiamo le cose che ci vengono incontro e che ci sembrano immutabili. E allora, sarà proprio a partire dal lavoro sul corpo che proveremo a sondare le possibilità di mutazione, di questo immutabile oggetto che abbiamo di fronte: la città.

Lo studio sul corpo sarà quindi, inevitabilmente, lo studio sulla città: i miei occhi, i miei gomiti non possono che comporsi e scomporsi con i viali, con gli orizzonti dei tetti e dei comignoli, in un “organismo” nel quale la dismisura è ciò che misura le relazioni.

Dove finisce il mio corpo e dove la città organizza la sua periferia?

Crediamo, in altre parole, che il sentimento di questa città che è, che si pone come un cemento infrangibile, sia un sentimento, appunto, che può essere “lavorato”, che può trasformarsi in una conoscenza altra e, quindi, in un sentimento altro. Ma bisogna mettersi in gioco, radicalmente, bisogna fare in modo che i nostri corpi si mettano ad ascoltare e ad ascoltarsi in modo da poter guardare ciò che altrimenti sfugge alla vista del consueto.

Si tratta di farci degli abiti nuovi, di vestirci e di vestire con un corpo che rinuncia alle proprie consolidate e definite definizioni.

Un corpo senza nomi è ciò che vogliamo attraversare per provare a guardare la città e quindi noi stessi con occhi rinnovati. Un corpo senza nomi come pratica per provare ad edificare una provvisorietà costitutiva della metropoli, dei soggetti e delle relazioni.

Un corpo senza nomi significherà lavorare ad una archeologia, attraverso la quale riusciremo a cogliere, con uno sguardo, le diverse temporalità in cui questo mondo ci si presenta.

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