Cooperativa Passepartout

I PROGETTI

PROGETTO 2019/2020

Per la città, un corpo

 

La città è il mondo nel quale “già sempre ci troviamo”: siamo cioè immersi in quella struttura di relazioni, dispositivi soggettivanti e violenze “a bassa intensità”, forma delle nostre metropoli. Questa forma è ciò che ci troviamo e che ci fa sembrare ineluttabili ed ineludibili i nostri destini. La fissità, l’idea che un’altra vita sia impossibile è la tonalità emotiva che frequentiamo nelle nostre case, passeggiando per la città.

La città è quindi questo sentimento di impossibile poiesis delle nostre vite, di cemento infrangibile che ci rende impermeabili alle relazioni, ad ogni possibile respiro comune. Ad ogni possibile “vento di cambiamento”. Per questo motivo abbiamo deciso di affrontare dalle viscere più profonde questa città che abitiamo e che ci abita. Siamo convinti che sia possibile guardare, frequentare, toccare altrimenti i luoghi e gli ambienti che abitualmente attraversiamo; pensiamo sia necessario capire come i nostri corpi si possano comporre differentemente nella e con questa città.

Il corpo è questa esposizione attraverso la quale tocchiamo e guardiamo le cose che ci vengono incontro e che ci sembrano immutabili. E allora, sarà proprio a partire dal lavoro sul corpo che proveremo a sondare le possibilità di mutazione, di questo immutabile oggetto che abbiamo di fronte: la città.

Lo studio sul corpo sarà quindi, inevitabilmente, lo studio sulla città: i miei occhi, i miei gomiti non possono che comporsi e scomporsi con i viali, con gli orizzonti dei tetti e dei comignoli, in un “organismo” nel quale la dismisura è ciò che misura le relazioni.

Dove finisce il mio corpo e dove la città organizza la sua periferia?

Crediamo, in altre parole, che il sentimento di questa città che è, che si pone come un cemento infrangibile, sia un sentimento, appunto, che può essere “lavorato”, che può trasformarsi in una conoscenza altra e, quindi, in un sentimento altro. Ma bisogna mettersi in gioco, radicalmente, bisogna fare in modo che i nostri corpi si mettano ad ascoltare e ad ascoltarsi in modo da poter guardare ciò che altrimenti sfugge alla vista del consueto.

Si tratta di farci degli abiti nuovi, di vestirci e di vestire con un corpo che rinuncia alle proprie consolidate e definite definizioni.

Un corpo senza nomi è ciò che vogliamo attraversare per provare a guardare la città e quindi noi stessi con occhi rinnovati. Un corpo senza nomi come pratica per provare ad edificare una provvisorietà costitutiva della metropoli, dei soggetti e delle relazioni.

Un corpo senza nomi significherà lavorare ad una archeologia, attraverso la quale riusciremo a cogliere, con uno sguardo, le diverse temporalità in cui questo mondo ci si presenta.