Cooperativa Passepartout

CREAZIONI COLLETTIVE

Mercoledì e Venerdì | 15:00 – 18:00 Via Castelguidone, 4 Roma

 

Il laboratorio teatrale si svolge con e per i pazienti dei Centri diurni La “Voce della luna” e “Valle Aurelia”, sotto la direzione artistica e registica della compagnia teatrale dei nontantoprecisiQuesto spazio di lavoro artistico mira al confronto creativo e trasformativo tra le diverse soggettività presenti nella scena teatrale, in un operare collettivo attraverso gli elementi fondamentali del dispositivo teatrale: spazio, tempo, corpo. L’attività di sperimentazione e ricerca si basa su tecniche ed esercizi fisici che impegnano tutto il gruppo teatrale in un gioco di creazione e costruzione collettiva della messinscena. Il lavoro teatrale del laboratorio di creazioni collettive è attratto dall’enorme risorsa dell’attore e delle sue relazioni possibili che, in una poliedrica partitura di spazio e tempo, possono proporre luoghi, momenti e corpi diversi.

 

 

SUL NOSTRO TEATRO

 

Il tema dello spazio

Siamo partiti da uno studio sullo spazio scenico lavorando creativamente sulla relazione con esso, sui modi e le forme possibili della sua occupazione. Il lavoro ci ha visti impegnati a vivere e frequentare creativamente lo spazio a nostra disposizione. Abbiamo ben presto scoperto che uno spazio vuoto non esiste e che già la sola presenza in esso vale a generare ambienti ricchi di senso e significato. Muoversi o restare fermi, correre o camminare lentamente, orientare o dirigere lo sguardo, azioni sicuramente semplici ma che vissute ed espresse nella relazione consapevole con lo spazio che ci comprende sono già in grado di segnare linee, piani, definire luoghi, circostanze, possibili vicende.

Frequentare lo spazio singolarmente, percorrerlo in coppia o in gruppo, ricercare i suoi equilibri, bilanciarlo, tentare di riempirlo o di colpo liberarlo, apre a tante possibili soluzioni e opportunità espressive. Così, in questo gioco di relazioni, si manifesta la dimensione interiore dello spazio scenico e in una sorta di reciproco rapporto emotivo con esso emerge il luogo dell’azione teatrale. Vivere lo spazio in questo modo permette di sperimentare infinite opportunità di relazione, ognuna delle quali è capace di esprimere senso e costruire significato. È quasi come attraversare la soglia di un ambiente non ancora conosciuto, tracciare le linee di nuovi percorsi, sviluppare i piani di geometrie possibili. L’esercizio creativo e l’esperienza dello spazio muovono inevitabilmente sempre dall’azione fisica di relazione con gli elementi concreti di questo per poi spingersi verso una costruzione maggiormente emotiva e astratta. Per esempio, occupare uno spazio, distribuirsi omogeneamente in esso, misurarlo attraverso le possibili azioni che vi si possono compiere, coglierne i limiti, segnare con precisione la direzione del proprio movimento, porre dei punti di riferimento, sono tutte azioni che gradualmente permettono di dare luogo alla scena teatrale, restituendo corpo alla propria presenza.

 

Il tema del corpo

Nel flusso di azioni che si susseguono si edifica la presenza del corpo come processo continuo di costruzione di gesti e movimenti. Nel farsi e disfarsi dell’azione, nel precipitare di un atto nell’altro, il corpo mostra le figure possibili della sua esistenza.

Anche qui la ricerca inizialmente ci ha visti impegnati nel confronto col nostro proprio corpo, attraverso esercizi molto concreti. Abbiamo sperimentato i movimenti possibili, le articolazioni dei suoi singoli segmenti, le leve e i pesi che rendono possibile il moto, il lavoro necessario per la sua immobilità. Abbiamo costruito il gesto, rintracciando gradualmente il suo sviluppo dalla radice che lo origina all’atto che lo esprime, dalla motivazione che richiede all’emozione che suscita.

Dal corpo la parola

Indagando la peculiarità della relazione del corpo con lo spazio e con gli altri, abbiamo costruito la parola come gesto verbale, proposta nei suoi elementi più fisici e corporei, come atto espressivo essenziale. Il suo suono, il rumore della parola che scuote il corpo, la forza che questo le imprime, la tensione che segna le membra compongono tra pause, respiri, gesti e silenzi la partitura di una lingua possibile. Costruendo la parola attraverso la sua dimensione spaziale, per esempio scegliendo la direzione verso cui è diretta, quella temporale, per esempio decidendo la durata della sua pronuncia, abbiamo sperimentato la forza della sua corporeità ritrovando toni, accenti espressivi, volumi che riportano l’esperienza diretta del corpo e non un suo simulacro, un suo modello al quale uniformarsi. Lanciare parole a diverse distanze, vicino o lontano, dirigerle di fronte, alle nostre spalle o in un luogo della memoria, dirle rapidamente o costruirle con assoluta lentezza, farle durare poco o a lungo vuol dire sollecitare il corpo in una partitura di gesti, in una sorta di ginnastica anche interiore capace di dare senso e proporre significati. È da questo lavoro di autonoma sperimentazione, di edificazione di un corpo proprio, che si trae la parola come gesto verbale corporeo.